Gli psicoanalisti, al contrario dei gender studies, distinguono il padre goditore e la legge simbolica. Rose-Paule Vinciguerra lo esamina precisamente in questa newsletter. Ci ricorda che : « Lacan non ha confuso padre e patriarca. La legge simbolica non è come tale patriarcale ».
D’altronde, avremmo voluto deconstruire il sistema patriarcale, oggi responsabile di tutti i mali, tuttavia, i padri dalle arie schreberiane e le madri che lasciano fare, non stanno sparendo.
Sorj Chalandon di cui l’opera e la vita sono attraversate dal tentativo di liberarsi dall’impronta delle menzogne di suo padre, murato in continue invenzioni, ne dà testimonianza nei suoi ultimi due libri. Questo padre, che da bambino ha tanto amato, tanto creduto e al quale voleva assolutamente piacere, lo scopriamo lungo le pagine scritte in una lingua sontuosamente spoglia. L’ampiezza della brutalità del padre dispotico, le sue punizioni feroci, l’atmosfera soffocante fatta di vessazioni e umiliazioni, attestano di un godimento tossico che fa del figlio un oggetto insignificante, piccolo soldato accecato dalla demenza paterna. Per dirlo con la penna dell’autore : « Lui era generale, ed io ero ai suoi piedi. »[1] E pertanto, per S. Chalandon, l’importante sembra meno là che nell’impossibilità di ritrovarsi nei detti del padre. Da sempre, la menzogna regna sovrana in modo tale che lo scrittore – che sia reporter di guerra, giornalista o romanziere – non si dia mai tregua affinchè possa nascere la verità. Lo ritroviamo nel personaggio di Emile, il ragazzino di Profession du père, stordito dalle versioni una più inverosimile dell’altra del passato di suo padre : sarebbe stato pastore, soldato, paracadutista, o ancora calciatore professionista e addirittura agente segreto. Emile non ha un padre come tutti gli altri, ma, a scuola, nella casella « professione del padre », non sa più cosa scrivere. Il bambino è stupito, ma noi siamo qua nel registro della fascinazione, e non in quello del padre come colui che deve sbalordire (é-pater) la sua famiglia[2], formula di Lacan che spiega Eric Laurent nel suo testo di questa nuova newsletter ; fa seguito al testo che avete potuto scoprire la settimana scorsa.
È nel libro Enfant de salaud, che l’autore situa durante il processo di Klaus Barbie a Lione, nel 1987, che aveva tra l’altro seguito per Libération, che può nominare gli effetti di questa fascinazione : « Hai cercato di abbagliarmi mentre invece mi accecavi. »[3]
Ciò nonostante, le porcherie del padre hanno lasciato il segno : « Sì, sono un pezzo di merda. Ma non a causa delle tue guerre disordinate, papà, dei tuoi stivali tedeschi, del tuo orgoglio, di questa follia che ti ha accompagnato ovunque. […] No. Il bastardo, è l’uomo che ha gettato suo figlio nella vita come nel fango. Senza tracce, senza punti di riferimento, senza luce, senza la minima verità. »[4] Eppure, non è dall’assenza di luce che è sorto il gusto della scrittura di S. Chalandon ?
La lettura di questi due libri notevoli e sconvolgenti ci lascia « affaticati dal padre » per dirla con Kepa Torrealdai Txertudi che potrete scoprire in questa newsletter.
Aggiungiamo tuttavia che in questa storia, la madre, sottomessa, timorosa, perfino compiacente, non è di alcun aiuto. Non dice niente, tranne questa frase ripetuta instancabilmente « Conosci tuo padre ? »[5].
Traduzione : Michela Perini
Revisione : Maura Ragni
Immagine : © Fabien de Cugnac
[1] Chalandon S., Profession du père, Paris, Grasset, 2015, p. 33. (Libera traduzione del traduttore)
[2] Cf. Lacan J., Il Seminario, libro XIX, …o peggio, Einaudi, Torino, 2020, p. 204.
[3] Chalandon S. Enfant de salaud, Paris, Grasset, 2021, p. 260. (Libera traduzione del traduttore)
[4] Ibid., p. 260. (Libera traduzione del traduttore)
[5] Chalandon S., Profession du père, op. cit., p. 25. (Libera traduzione del traduttore)