Nella nostra società greco-giudeo-cristiana, pochi testi sono stati letti, recitati, pregati commentati tanto quanto il Padre Nostro.
Provenendo da una società patriarcale, non ha fatto altro che veicolare un immaginario che nutre fantasmi, soprattutto sotto l’occhio vigile del clero, preservandone nei secoli la dignità patriarcale.
La figura paterna di Dio evocata ha così alimentato in numerosi credenti l’immagine di un essere, che pur essendo trascendente – « Padre Nostro che sei nei cieli » – dalla volontà arbitraria, immagine alla quale si sono sottomessi e si sottomettono in diversi modi.
Le chiese europee si svuotano. Non dovevano rassicurare i « fedeli » presentando loro un Dio benevolo ? È questa la ragione per cui, nel 2013, i vescovi cattolici dei paesi francofoni hanno creato una nuova traduzione liturgica del Padre Nostro ? Il testo francese non è molto cambiato, eccetto per la domanda « e non sottometterci alla tentazione » che è diventata « non lasciarci entrare in tentazione »[1].
In effetti, la relazione proposta come pacifica con il Padre era disturbata e disturbante a causa del suo tratto tentatore. Era necessaria un’immagine rassicurante di un Padre, al riparo da qualsiasi pericolo che avrebbe potuto suggerire e sostenere. Malgrado ciò, la nuova immagine è poi così rassicurante ? Se i promotori della modificazione del testo hanno voluto che il Dio invocato non fosse più sospettato di essere un Padre che abusa della buona fede dei suoi figli o che gioca con le loro vite, hanno finito per rinforzare questa immagine. In effetti, il significante « non lasciarci » fonda una verità sul suo contrario : « ci lasci » o ancora « puoi lasciarci ».
La nuova traduzione non ha risolto nulla. Ha cancellato la figura di un Padre opprimente, schiavista, con il potere di mettere i suoi figli sotto un giogo mortifero, e ha introdotto quella di un guardiano dell’ordine che, a seconda del suo umore, orienta in un senso o in un altro. Insomma, un Padre abusivo, che da padre che gode, sadiano, è diventuo un padre dalla regolamentazione arbitraria.
Le due versioni non possono far altro che coltivare una infantilizzazione dei credenti rivolti verso un sigfnicante-padrone, il Padre celeste, versione di « Dio eterno preso alla lettera, non già del suo godimento, sempre velato e insondabile, ma del suo desiderio in quanto interessato nell’ordine del mondo – sta qui il principio in cui, pietrificando la propria angoscia, il perverso si installa in quanto tale »[2]. Lacan parla anche di « una fuga dinanzi al desiderio del padre, al quale il soggetto sostituisce la sua domanda »[3].
Non facile per un figlio o una figlia sapere come avere a che fare con il « padre » nella sua funzione opprimente, umanizzante. La Chiesa è venuta a edulcorare questa domanda – pratica decisamente patriarcale –, che fissa e peggiora le immagini che i « fedeli » si fanno del loro Dio. « Si Dieu nous a fait à son image, nous le lui avons bien rendu. »[4]
[1] Cf. Bailly A., Dictionnaire grec-français, Paris, Hachette, 1980. Il significante greco tradotto in « tentazione » è stato riferito a un’attrazione verso il male, anche se avrebbe potuto essere tradotto in « prova » o « esperienza ». Il traduttore ha dunque sottolineato la prospettiva esistenziale in un senso morale. D’altra parte, il significante greco tradotto in « sottomettere » avrebbe poutoto essere tradotto in « portare » o « introdurre ». Qualunque sia la traduzione, questo significante rinvia a un padrone tirannico. [nota dell’autore].
[2] Lacan J., « Introduzione ai Nomi-del-Padre», Dei nomi-del-Padre, Torino, Einaudi, 2006, p. 45.
[3] Ibid.
[4] Voltaire, Le Sottisier, Paris, Garnier, 1920, p. 165.
Traduzione : Elena Madera
Revisione : Silvia Portesi
Immagine : ©Elena Madera