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Home I peccati del padre

Toni Morrison e il padre : il peggio messo alla prova dall’uno per uno – Sébastien Dauguet

by PIPOL TEAM
17 Marzo 2023
in I peccati del padre
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©Valérie Locatelli –

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Toni Morrison è stata la prima donna afroamericana a ricevere il premio Nobel per la letteratura, nel 1993. Pubblica il suo primo romanzo L’occhio più azzurro nel 1970[1], ispirato a un aneddoto che ha vissuto nella sua infanzia. Ha infatti incrociato una bambina della sua età che aspirava ad ottenere occhi azzurri come quelli della giovane attrice Shirley Temple. L’ideale fantasmatico si origina nell’evidenza dell’eredità razzista di un paese segregato, che valorizza il modello bianco a scapito dei discendenti degli ex schiavi. I bambini, prime vittime inconsce delle distinzioni razziali, interiorizzano i discorsi che li circondano e contribuiscono a ripetere una logica sistemica che li supera. Una buona parte del romanzo è strutturato intorno a rivalità infantili, dove la piccola Pecola è denigrata per il suo colore, la sua ignoranza, la sua povertà. Toni Morrison, come per rafforzare la logica del suo romanzo, denuncia in molti dialoghi lo schema narrativo internalizzato dai bambini neri, quello del padrone, bianco, che è prima di tutto quello di un uomo.

All’interno de L’occhio più azzurro, la narrazione è più complessa, orientata senza dubbio più dal lavoro dell’inconscio. È scissa, moltiplicata, le voci si scontrano. La verità assume diverse sfaccettature, a volte inaspettate. Da un lato, l’autrice inquadra il romanzo con l’aiuto di un estratto del libro di testo scolastico che sembra iscrivere in modo insidioso il mito di una famiglia nucleare bianca a cui tutto sorride. Ripetuto in molti punti del testo, il manuale citato, ricreato, deviato, rivela la sua natura di olofrase o di slogan che impregna gli spiriti e colonizza i pensieri. Tuttavia, il romanzo non è del tutto afferrabile attraverso questa griglia di lettura che, oggi, dà l’alveo di un certo discorso woke che cerca di scaricare la colpa di tutte le umiliazioni sul detto « patriarcato ». L’occhio più azzurro, è certamente un primo romanzo, ma è un’elaborazione artistica che accoglie un sapere inedito. Infatti, il romanzo non smette di sdoppiarsi. Alla voce di Pecola, fanno pendant le voci di Frieda e Claudia che si stupiscono dei suoi capricci. E alla narrazione cronologica rispondono dei ritorni al passato, vissuto dai genitori di Pecola.

Il dramma di Pecola traspare in questa domanda : « Ma come si fa ? Voglio dire, come si fa a farsi amare da qualcuno ? »[2] Là dove Frieda e Claudia si sentono sostenute da un discorso parentale consistente e da una figura paterna che le mette a distanza dal reale, Pecola non può appoggiarsi su nessun « punto da cui » potrebbe sentirsi amabile. Il libro dimostra quindi con lucidità quale percorso una bambina può imboccare quando il padre non può tenere il suo posto per proteggerla, perché arriverà fino a violentarla. Certo, il contesto sociale e razziale è messo in causa nelle diverse forme di contingenza che determinano quest’uomo. Ciò nondimeno, resta il fatto che, di fronte a certe violenze, solo un saperci fare con il simbolico permette di sventare le trappole dell’immaginario. Non si tratta dunque, come ci invita la parte di non-saputo dell’opera, di appoggiarsi anche sulle invenzioni singolari dei padri ad uno ad uno per cogliere ciò che fa la virtù del cosiddetto legame civile ?

[1] Morrison T., L’occhio più azzurro, Milano, Mondadori, 2018.
[2] Ibid., p. 28.

Traduzione : Francesca Carmignani
Revisione : Elena Madera

Immagine : ©Valérie Locatelli

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