« Nell’ombra della tua rabbia, padre mio, sono nata, ho vissuto e sono fuggita. Oggi, eccomi qua. Arrivo e sono nuda. Da sola e a mani vuote. »[1]
In seguito alla chiamata del fratello, la narratrice torna a malincuore nel villaggio alpino in cui è cresciuta. « Arrivo e subito il ricordo della tua voce rimbomba nella mia testa. Non sarai mai amata da nessuno. Un giorno mi hai detto questo, padre mio : fallirai e butterai via la tua vita. Anche questo mi hai detto. Ho voluto con tutte le miei forze che la tua maledizione fosse una menzogna. »[2]
Suo fratello le comunica che il loro padre ha « la malattia della dimenticanza », dei vuoti di memoria e confusioni che lasciano presagire il peggio. Dei ricordi le tornano in mente. Suo padre faceva la guida alpina, uomo appassionato, tirannico, muto, a volte violento e di umore imprevedibile era particolarmente duro con sua figlia. Era anche apprezzato nel suo paese. La narratrice descrive con poesia e precisione il dolore d’esistere di bambini divenuti adulti che sono cresciuti e si sono costruiti all’ombra di una figura paterna feroce.
Suo fratello è fisioterapista, consola e cura, ma « nasconde solide schegge sotto la pelle. Non bisogna toccarle troppo perché affiorano in trasparenza »[3], come il « pungolo nella carne »[4] di cui parla Lacan. « Piena di catene e chiodi all’interno »[5], lei è, invece, diventata realizzatrice e documentarista dei fondali marini. Dopo aver tentato invano di farsi amare dal padre è fuggita dalla montagna : « era questo o morire soffocata, sepolta viva sotto i tuoi sfoghi, accerchiata dalle montagne »[6].
Una sera, il padre, prendendo coscienza della disgregazione della sua memoria, parla finalmente con i suoi figli. Racconta loro quello che è successo, laggiù, in Algeria, durante la sua giovinezza. Rivela l’orrore della guerra che l’ha segnato, la barbarie a cui ha assistito e che non ha potuto impedire : « non ho denunciato nulla, sono solo rientrato a casa e ho taciuto. È un rimpianto, una vergogna che non mi ha mai abbandonato »[7]. Ed è sempre, come lei scrive, immerso in questa notte, alla quale si aggiunge un’altra notte, quella in cui sta entrando.
Nel libro, la narratrice si rivolge al padre : « Ho forse attraversato tutta la tua vita come un’ombra ? »[8]. Le ultime parole che questo vecchio vulnerabile, alle porte dell’oblio e della morte, rivolge ai suoi figli si rivelano tuttavia essere un dono che umanizza il padre e porta alla figlia una certa pacificazione, permettendole di riannodare i fili della sua storia.
Con una scritura delicata, sensibile e poetica, Gaëlle Josse esplora, in questo testo che porta i segni delle sue ferite, i danni del non detto, del diniego dell’inconscio e l’ambivalenza dei sentimenti filiali. Testimonia il modo in cui ciascuno dei figli ha portato il doloroso fardello del trauma inassimilabile ereditato dal padre. Tenta di dare un nome, di identificare ciò che è del reale contro il quale va a sbattere la sua famiglia.
Si può scegliere di confidare il proprio dolore di vivere a uno psicoanalista e spezzare la maledizione – ciò che è male-detto, cioè detto male – attraverso un ben dire, in cui emerge una responsabilità soggettiva. Questo impegno permette al soggetto di subire meno la sua vita e di accedere a un sapere inconscio, a una verità singolare. Il transfert è amore rivolto al sapere, come dice Lacan[9].
La psicoanalisi non ha come obiettivo la fuga, l’oblio e l’occultamento dell’intimo. La presenza dello psicoanalista, il suo modo di ascoltare, di ricevere e di interpretare la parola, dà luogo un’altra dimensione alla storia dell’analizzante. Una porta può, quindi, essere aperta e permettere al soggetto di trovare in sé stesso una soluzione al reale insopportabile che ha incontrato e ottenere un di più di vita che si chiama desiderio.
[1] Josse G., La nuit des pères, Paris, Noir sur Blanc, coll. Notabilia, 2022, p. 11. [Traduzione libera del traduttore].
[2] Ibid., p. 12. [Traduzione libera del traduttore].
[3] Ibid., p. 19. [Traduzione libera del traduttore].
[4] Lacan J., « Jeunesse de Gide », Écrits, Paris, Seuil, 1966, p. 757. Cité par Jacques-Alain Miller lors de sa présentation de Lacan Redivivus à la librairie Mollat de Bordeaux, le 5 février 2022. Conversation reprise dans La Cause du désir, n°111, juin 2022, p. 61-84, tr. it. in Lacan J., Scritti, vol. II, Torino, Einaudi Editore, 2002, p. 755.
[5] Josse G., La nuit des pères, op. cit, p. 18. [Traduzione libera del traduttore].
[6] Ibid., p. 93.
[7] Ibid., p. 139. [Traduzione libera del traduttore].
[8] Ibid., p. 35. [Traduzione libera del traduttore].
[9] Cf. Lacan J., « Introduction à l’édition allemande des Écrits », Autres écrits, Paris, Seuil, 2001, p. 557-558, tr. it. in Lacan J., Altri Scritti, Torino, Einaudi Editore, 2011, p. 550.
Traduzione di Eleonora Renna
Revisione di Emanuela Sabatini
Immagine : © Élodie Cognioul