L’ordine e la libertà – Phénicia Leroy

© Nathalie Crame

Ohad Naharin è ballerino e coreografo di danza contemporanea. Dal 1990, è coreografo residente della conosciuta Batsheva Dance Company, a Tel-Aviv. Ha inoltre sviluppato un metodo di insegnamento, la danza Gaga, che qualifica come « cassetta degli attrezzi » per i ballerini professionisti e non, permettendo loro di esplorare il movimento attraverso le sensazioni e soprattutto la scoordinazione, eludendo così i limiti del corpo.

Le creazioni di O. Naharin interpretate dai ballerini della Batsheva Dance Company comportano sistematicamente una potenza gestuale ed emozionale che offre allo spettatore un’esperienza fuori norma.

Nella sua ultima creazione, MOMO[1] (nella quale i ballerini sono coreografi), quattro uomini vestiti con un pantalone in stile militare avanzano sulla scena, come un solo corpo, e vi restano per tutta la durata dello spettacolo. La loro coreografia usa dei clichés di virilità, i loro passi precisi e cadenzati si susseguono, si spostano insieme, si concentrano, si appoggiano gli uni contro gli altri, gridano all’unisono, come un blocco unico : sentinelle ? fratelli ? compagni ?

Spunta un uomo in calzamaglia rosa, un altro in tutù. Poi, via via, altri ballerini, spaiati, si lanciano con loro, uno per uno o una per una. I loro movimenti sono fluidi, disordinati, singolari, e sembrano quasi improvvisati. I loro corpi incomparabili pulsano, saltano, si torcono, si allungano.

L’odine e la libertà si incontrano e dialogano sulla scena. Questi stati non si confrontano, si può addirittura supporre che l’uno è necessario all’altro. E se i ballerini finiscono per interagire e influenzarsi, essi ripartono come sono arrivati, ciò si ripete…o quasi.

Nel suo lavoro artistico, O. Naharin indaga il paradosso, senza toglierlo : come mescolare delicatezza e potenza, o controllo e leggerezza ?[2] Attraverso il movimento, tenta di congiungere ciò che non va insieme, cerca attorno all’impossibile e al fallimento.

Gli elementi che attraversano lo spettacolo MOMO risuonano con la critica dell’epoca nei confronti del patriarcato : virilità, violenza, dominazione, emancipazione, lotte, fluidità, minoranze…Tuttavia, O. Naharin non impone una lettura univoca, l’articola ; facendo così, scommette sulla potenza del movimento per lasciare sottilmente allo spettatore il compito di interpretare.

Così, la danza, la scrittura, il cinema, la fotografia sono altrettano dei modi di trattare il reale dell’esistenza, come lo leggerete nel testi di Philippe Lacadée, Danièle Olive, Claire Debuire e Émilie Diallo che compongono questo numero di Noboddady. Essi sono completati dai testi di Agnieszka Kurek, David Briard, Romain Aubé e Simon Darat che si incontrano attorno alla necessità della psicoanalisi, in particolare che essa si orienti da ciò che fa buco per ciascun parlessere.

Referimenti bibliografici dell’autore :
[1] Naharin O., Cohen A., & al., « MOMO », Batsheva Dance Company, Chaillot, théâtre national de la danse, 2022, visible jusqu’au 3 juin 2023 à La Villette à Paris.
[2] Cf Heymann T., Mr Gaga, sur les pas d’Ohad Naharin, documentaire, Heymann Brothers Films, Israël, 2015.

Traduzione : Maura Ragni
Revisione : Michela Perini

Immagine : © Nathalie Crame