Le vie del padrone sono infinite – Maurizio Montanari

© Simon Vansteenwinckel – www.simonvansteenwinckel.com

In Italia è sorto un acceso dibattito a seguito delle dichiarazioni delle atlete della nazionale di ginnastica che hanno denunciato di essere state obbligate a deprivazioni fisiche e pressioni psicologiche sfociate in umiliazioni da parte degli allenatori[1]. Costrette ad un regime alimentare durissimo che ha portato alcune di esse a cadere nel tunnel dei disturbi alimentari ; vittime di condotte che, a dire degli inquirenti, « le umiliavano, vessavano e prostravano »[2]. Pratiche attuate da individui sadici abitati dalla passione del voler ridurre l’altro ad oggetto mentre indossavano le vesti socialmente accettate dell’allenatore, figura alla quale è naturalmente concessa una sorta di « durezza » e rigore. Tra centinaia di professionisti rigorosi, si nascondono figure la cui volontà di fare vibrare l’angoscia nell’altro sarebbe altrimenti bandita dal consenso sociale.

Mentre lo scandalo esplodeva, un importante assenso a questo modus operandi che plaudeva a simili metodi si levava dalle colonne dei quotidiani, nelle trasmissioni radio-tv, in rete : « L’allenatore fa bene !… La durezza fa parte della ginnastica !… Perché si lamentano ?… Soffrire è naturale in quel mondo lì ». Si risveglia come un Golem mai sopito un diffuso plauso al volere del padrone di sottomettere un altro essere umano, al suo piacere di disporre del corpo del sottoposto e tenerlo sotto scacco.

Una parte non indifferente dell’opinione pubblica esibisce la nostalgia del « padre riparatore », l’uomo forte segretamente agognato da tanti, quello che : « Se mi alzavo da tavola, mio padre mi riempiva di botte ». In Emilia Romagna, a Modena, diverse piazze e vie principali sono intitolate ad un noto marchese che, nel dopoguerra, dava lavoro a decine e decine di concittadini. Le onorificenze tuttavia non possono cancellare quello che tutti sanno, ossia che la domenica mattina, quando scendeva nella piazza pubblica per recarsi a messa, era solito apostrofare i « suoi » contadini con frasi quali : « Cosa fai qua ?… Torna a casa !… Togli quella giacca !… ». Padrone delle anime e dei corpi, incapace di pensarli come individui con vita e desideri propri, al di là della loro funzione di servi e mezzadri.

Una nostalgia testimoniata anche nei maggiori quotidiani italiani che hanno dato un enorme risalto alle vicende di uomini che hanno fatto dell’assoggettarsi al volere del capo la cifra della loro vita lavorativa. Una bidella scolastica dichiarava alla stampa di andare ogni giorno da Napoli a Milano, dove lavora come operatrice scolastica, percorrendo 800 chilometri di distanza, il tutto senza mai « perdere il sorriso »[3]. Prima che la vicenda venisse ridimensionata, le sue foto campeggiavano ovunque, elogiata quale fulgido esempio di donna che non si lagna, ma si rimbocca le maniche. Nella pubblicità di una nota azienda casearia, un dipendente, di fronte a dei ragazzi increduli, magnifica la sua esistenza contrassegnata dalle privazioni alle quali si è sottoposto negli anni per produrre il formaggio del padrone. « Ma davvero lavori 365 giorni l’anno ? », chiede stupita una ragazza nello spot. « Sì ». « Cioè, tu non hai mai visto il mare ? », chiede un altro giovane attore. « No », replica sorridente. « E sei felice ? », chiede infine l’ultimo del gruppo. « Sì », risponde mescolando il latte[4].

Riferimenti bibliografici dell’autore :
[1] https://www.fanpage.it/sport/altri-sport/le-farfalle-della-ginnastica-nella-palestra-degli-orrori-nessuna-medaglia-vale-il-benessere-di-una-persona/.
[2] https://ilmanifesto.it/abusi-umiliazioni-e-maltrattamenti-la-denuncia-di-due-ex-ginnaste.
[3] https://www.lastampa.it/cronaca/2023/01/18/news/lincredibile_storia_di_giuseppina_bidella_pendolare_da_napoli_a_milano_meglio_700_chilometri_di_viaggio_ogni_giorno_che_-12590246/.
[4] https://stream24.ilsole24ore.com/video/italia/lo-spot-parmigiano-reggiano-e-renatino-che-lavora-troppo-polemica-social/AEbK8x0.