Padre non vedi che tu deliri ? – Pénélope Fay

© Marie Van Roey – https://marievanroey.cargo.site/peintures

Il bambino segue suo padre con lo sguardo. Segue i suoi consigli, beve le sue parole. Non chiede spiegazioni né mette in dubbio ciò che dice.

In ogni caso, Elias lo trova un po’ bizzarro : da sempre indossa una « giacca da caccia mimetica con un numero incredibile di tasche »[1] ; la sera, quando sale nella camera di Elias prima che lui si addormenti, gli ripete : « l’unico animale pericoloso è il cervo, mi senti, l’unico animale pericoloso è il cervo »[2].

Il padre ha una capanna alla fine del giardino dove sono ammassatidei congegni che il bambino non può toccare : pietre magnetiche, registratore d’onde, bastoni di Horus… Oggetti che permettono di raggiungere la quinta dimensione o i campi visivi.

Un giorno, il padre ha lanciato un bastone di Horus in faccia a Elias perché l’avevo fatto cadere inavvertitamente mentre il bastone « stava ‟ricaricando potenza” »[3]. Regolarmente, il padre impone al bambino « l’esercizio del grande freddo »[4] per liberarlo dalle onde : deve immergersi completamente nel lago, testa compresa, anche in inverno. Elias non ama molto questo, ma non si lamenta : « Ciò che è strano è che avevo coscienza dell’anormalità di tutto ciò, ma allo stesso tempo volevo far piacere a mio padre »[5].

Le « onde » sono una « parola d’ordine »[6] per Elias, una parola nella sua piccola valigia di parole di bambini, la valigia della sua famiglia, quella che forma con suo padre. È una parola che non fa enigma, è una parola che custodisce la conoscenza del padre, una conoscenza che rimane unilaterale. Non c’è domanda sulle parole del padre poiché formano la sua base, poiché i loro significati sono la sua culla. Non ce ne sono altri.

Il padre spiega le sue teorie, ma rifiuta di insegnare qualsiasi altra cosa a Elias, a leggere, a scrivere, ad andare in bicicletta[7]. La conoscenza è un blocco, non viene trasmessa, non fa avanti e indietro tra il genitore e il bambino, non circola, non viene intaccata, non vacilla. Non è un po’ in uno, un po’ nell’Altro.

Qual è la versione del padre che Victor Pouchet dipinge nel suo romanzo Autoportrait en chevreuil ?

Una versione di padre e non un « père -versement orientato, cioè a dire che fa di una donna l’oggetto a che causa il suo desiderio »[8]. È un padre di principi, che non fanno parte della morale. È un padre rigido di certezze, non di credenze che potrebbero lasciare spazio al soggetto in una separazione in cui l’Altro si immischierebbe. Padre gonfiato di affermazioni, lontano dalla funzione simbolica.

Egli é la legge e la verità, versione paranoica del padre. La sua volontà di godimento sul bambino si legge ; quel bambino il cui corpo, il cui sguardo e le cui concezioni devono essere al servizio del suo mondo, che si tiene insieme solo grazie a questa lettura delirante.

È solo perché Elias incontra altri piccoli altri, altre parole, altri sguardi ; è solo perché sente « il papà di Elias è un matto, il papà di Elias è un matto »[9] che per lui appare la dissonanza. Così, sotto la legge in cui credeva, appare il capriccio e il godimento del padre, « padre-tiranno che fa del suo godimento una legge insopportabile quanto arbitraria »[10].

Di questo padre che si crede Dio[11], Elias porterà i segni, segni nel corpo – corpo traballante, instabile –, e i significanti oracolari e spaventosi, come il suo animale totem che gli era stato sussurrato dal padre, in seguito a una sorta di ipnosi sciamanica : il cervo. « Spesso la caccia al cervo si conclude in uno stagno dove non c’è modo di far perdere le tracce, perché la stanchezza è troppo grande. […] Le nostre tracce possono essere intrecciate e il nostro olfatto non ci permette di trovare la strada, ma non perdo la speranza, non sono ancora caduto nello stagno. »[12]

Riferimenti biliografici dell’autore :
[1] Pouchet V., Autoportrait en chevreuil, Paris, Livre de Poche, 2022, p.17 (traduzione libera del traduttore).
[2] Ibid.
[3] Ibid., p. 19.
[4] Ibid., p. 36.
[5] Ibid.
[6] Ibid., p. 37.
[7] Cf. ibid., p. 18.
[8] Lacan J., Le Séminaire, livre XXII « R.S.I. », leçon du 21 janvier 1975, Ornicar ?, n°3, mai 1975, p. 108.
[9] Pouchet V., Autoportrait en chevreuil, op. cit., p. 27. (traduzione tratta da atti della Slp, disponibili su internet)
[10] Laurent É., « Parentalités après le patriarcat », Quarto, n°133, mars 2023, p. 66 (traduzione libera del traduttore).
[11] Cf. ibid.
[12] Pouchet V., Autoportrait en chevreuil, op. cit., p. 122.

Traduzione : Mirella Riccardi
Revisione : Rita Ungania

Immagine : © Marie Van Roey